Primavera: tempo di pergolati, gazebi, tettoie
Attenzione alle distanze dalle vedute nella realizzazione di tettoie, gazebi o pergolati, anche in ambito condominiale
Nel caso in cui pergolati, gazebi o tettoie non hanno le caratteristiche della precarietà, ma risultano stabilmente ancorati a pareti e/o al suolo, costituiscono vere e proprie costruzioni anche se realizzate con materiali diversi rispetto al cemento o ai mattoni.
Il caso affrontato
Con una recente sentenza, antecedente alla pronuncia n. 17216/2020 della Cassazione, la Corte di Appello di Ancona, in accoglimento dell’appello proposto da Tizia, ha riformato la sentenza con cui il giudice di primo grado aveva accolto parzialmente la domanda proposta dalla medesima nei confronti di Caio, di rimozione delle due strutture in legno ed acciaio, erette da quest’ultimo sul giardino di sua proprietà esclusiva, ancorando quella di maggiori dimensioni a pochi centimetri dal sovrastante terrazzo di Tizia e quella di minori dimensioni alla parete condominiale, immediatamente al di sotto di una finestra dell’appartamento di Tizia; il tutto in violazione delle distanze minime poste a tutela del diritto di veduta di cui all’art. 907 c.c.
La sentenza di primo grado
Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Macerata aveva condannato il convenuto alla immediata rimozione del solo manufatto di maggiori dimensioni, costituito da colonne ed intelaiatura in legno sormontata da un telo fisso in pvc, “siccome palesemente e gravemente violativo del diritto di veduta dell’attrice ed inoltre limitante il pieno godimento della proprietà esclusiva dell’attrice … ed esclusa l’essenzialità dell’imponente struttura ai fini della reale utilizzabilità dell’immobile del convenuto”.
Per contro aveva rigettato la domanda relativa alla struttura minore ritenendo che essa non limitasse il godimento della proprietà esclusiva dell’attrice, né il diritto di veduta, essendo munita di una copertura trasparente che, malgrado la presenza delle travi, consentiva comunque l’inspectio e la prospectio. Aveva infine compensato le spese di causa sia in ragione della soccombenza reciproca, sia per l’esistenza di orientamenti diversificati in seno alla giurisprudenza di legittimità circa la recessività delle norme sulle distanze legali rispetto a quelle che, in ambito condominiale, disciplinano l’uso delle parti comuni ed invocate dal condomino- costruttore.
La sentenza della Corte d’Appello
Impugnata la sentenza limitatamente alla seconda e terza statuizione, la Corte di Appello di Ancona l’ha riformata, accogliendo tutti i motivi posti a sostegno del gravame e segnatamente:
- che il primo giudice non aveva tenuto conto delle caratteristiche costruttive della tettoia de qua, benché dagli atti emergesse chiaramente che il manufatto non era costituito solo da una copertura trasparente, ma anche da sei robuste travi di legno su cui detta copertura trasparente era fissata con altrettante lastre in acciaio, il tutto sostenuto da due pali in legno piantati sul suolo di proprietà esclusiva di Caio ed ancorato con piastre e bulloni all’edificio condominiale, immediatamente al di sotto della finestra della Tizia;
- che, pertanto, si trattava di una vera e propria costruzione, destinata a permanere stabilmente e a lungo;
- che l’esercizio di veduta da parte della Tizia, sebbene non del tutto precluso, risultava modificato in senso oggettivamente peggiorativo, in quanto ostacolato dalle travi e il primo giudice non aveva considerato che l’art. 907 cc pone un divieto assoluto che va osservato anche quando la costruzione non sia tale da impedire l’esercizio della veduta;
- che il manufatto, stante anche la conformazione della parete condominiale a cui era addossato, aveva finito per chiudere in una sorta di nicchia la finestra di Tizia, riducendone la ventilazione ed al contempo aveva modificato l’aspetto della parete condominiale in violazione dell’art. 1102 cc;
- che inoltre, diversamente da quanto argomentato dal primo giudice ai fini della compensazione delle spese, il problema sulla conflittualità in ambito condominiale dell’art. 907 c.c. con l’art. 1102 c.c., nemmeno si poneva dal momento che le opere realizzate dal convenuto insistevano sulla proprietà esclusiva di questi, benché ancorate alla facciata condominiale;
I punti fondamentali
La sentenza è meritevole di segnalazione perché contiene la puntualizzazione dei principi coinvolti in argomento, e cioè:
- che costituisce costruzione, ai fini del rispetto delle distanze legali, anche un manufatto che, seppure privo di pareti e realizzato con materiali diversi dai mattoni e dal cemento, abbia i caratteri della stabilità, della consistenza e dell’immobilizzazione al suolo (come hanno ribadito anche da ultimo la Cass. 12.09.2000, n. 12045 ed il Cons. St. 17.09.2019 n. 6194);
- che quando le proprietà finitime fanno parte di un edificio condominiale, la previsione dell’art. 1102 cc consente sì di derogare alla disciplina in materia di distanze – soprattutto se il manufatto costruito in violazione delle distanze legali sia indispensabile ai fini di una completa e reale utilizzazione dell’immobile – ma non quando l’autore del manufatto l’abbia collocato sulla sua proprietà esclusiva, sia pur fissandolo ad una porzione della facciata condominiale;
- che quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette, oblique, e in appiombo sul fondo del vicino, il proprietario di questo deve rispettare le distanze di cui all’art. 907 c.c., né può invocare ad esempio la tutela della privacy, avendo l’art. 907 c.c. già operato il bilanciamento tra l’interesse alla riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, in quanto luce ed aria assicurano l’igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita.