La fotografia nel diritto d’autore
L’opera fotografica, la fotografia semplice, il ritratto e il consenso
La legge sul diritto d’autore disciplina due tipi di fotografie: l’opera fotografica e la fotografia semplice.
L’opera fotografica
Costituiscono opere fotografiche le fotografie che sono una vera e propria opera d’arte.
Ma come si fa a dire se una fotografia è anche un’opera d’arte?
Facciamo un passo indietro.
L’art. 2 della legge sul diritto d’autore, al punto n. 7 elenca tra le opere tutelate della legge sul diritto d’autore: “le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia…”.
Da qui nasce la distinzione tra opera d’arte fotografica e fotografia semplice.
La legge sul diritto d’autore non ci da una definizione di opera d’arte. Lo fa la giurisprudenza cui è attribuito questo non facile compito.
I tribunali di merito hanno oramai consolidato il principio secondo cui costituisce opera d’arte quell’opera in cui l’artista esprime la propria creatività. In cui è possibile scorgere un qualche carattere creativo; in cui è distinguibile nella fotografia un qualche apporto personale del fotografo rispetto alla mera trasposizione della realtà.
Questa creatività, che costituisce il discrimine tra opera fotografica e fotografia semplice, può essere anche minima, non esiste infatti una scala della creatività su cui fondare o meno la tutela.
Pacifico è infatti principio secondo cui quando c’è la creatività, c’è l’opera d’arte.
In altre parole, il fotografo deve essere stato capace di trasfondere in quello scatto sentimenti, la sua personale interpretazione della realtà. Deve essere possibile scorgere un atto creativo, che rifletta la personalità dell’autore quale espressione di proprie scelte creative e ciò indipendentemente dalla tecnica utilizzata.
Non è certamente impresa facile quella di qualificare, come la legge e la giurisprudenza devono fare, una fotografia come opera d’arte. È per questo che la giurisprudenza condivide una prassi operativa di considerare opera fotografica quella fotografia che abbia ricevuto riconoscimenti nel mondo artistico ed altri indizi simili. In considerazione del fatto che è la singola fotografia ad essere oggetto di valutazione, non è riconosciuto indizio rilevante il fatto che l’autore di tale fotografia sia ampiamente riconosciuto come artista. La logica dietro questa affermazione è ineccepibile e va dato merito alla giurisprudenza di avere la capacità di simili specificazioni che il mercato non è capace di comprendere.
Chiare sono le parole del Tribunale di Roma che spiegano quando qualificare una fotografia come opera d’arte fotografica: “La fotografia è creativa quando è capace di evocare suggestioni o comunque di lasciare trasparire l’apporto personale del fotografo e non si limiti a riprodurre e documentare determinate azioni o situazioni reali. L’apporto creativo deve potersi desumere da una precisa attività del fotografo, volta o alla valorizzazione degli effetti ottenibili con l’apparecchio (inquadratura, prospettiva, cura della luce, del tutto peculiari) o alla scelta del soggetto (intervenendo il fotografo sull’atteggiamento o sull’espressione, se non creando addirittura il soggetto stesso), purché emerga una prevalenza del profilo artistico sull’aspetto prettamente tecnico”.
La fotografia semplice
Se una fotografia non è un’opera d’arte fotografica potrà essere una fotografia semplice la cui disciplina è dettata dagli artt. 87 e ss. della legge sul diritto d’autore.
La mancanza del carattere creativo nella fotografia comporta una minore, per il vero diversa, tutela.
La legge riconosce all’autore di fotografie semplici alcuni diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera, quali il diritto esclusivo di riproduzione e quelli di diffusione e spaccio.
Ci saranno degli oneri a carico del fotografo che dovrà rispettare per evitare la perdita dei propri diritti. Non rispettandoli, la riproduzione della sua foto sarà considerata non abusiva.
Diversamente dall’opera fotografica, la cui tutela dura 70 anni dopo la morte dell’autore, la fotografia semplice è tutelata per 20 anni dalla sua produzione.
Ci sono molte regole che è bene il fotografo conosca: la fotografia su commissione, la cessione del negativo (o dei file), la pubblicazione per esigenze di attualità, l’uso scolastico etc.
Al fotografo di fotografie semplici sarò poi riconosciuto un equo compenso per la riproduzione della sua fotografia.
La fotografia di oggetti materiali
Terzo genere di fotografie sono quelle che riproducono meri oggetti materiali.
Nessuna tutela autorale è conferita a queste fotografie perché l’art. 87 della legge sul diritto d’autore, al secondo comma, prevede che “Non sono comprese le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili”.
Attenzione, però, a cosa viene fotografato!
Infatti l’art. 88 l.d.a. prevede che “non sono pregiudicati i diritti di autore sull’opera riprodotta per quanto riguarda le fotografie riproducenti opere dell’arte figurative”. Pertanto fotografare un’opera d’arte costituisce una riproduzione di essa e come tale deve essere autorizzata da chi detiene i diritti di utilizzazione economica dell’opera d’arte rappresentata in foto.
Le persone ritratte in fotografia
Cosa accade se viene fotografata una persona? Semplice: occorre il suo consenso.
La regola espressa nella legge sul diritto d’autore è che non è consentito esporre o pubblicare l’immagine di una persona qualora manchi il suo consenso.
Esistono però delle eccezioni alla necessità del consenso espresso, anche tacitamente, dal soggetto ritratto.
L’art. 97 l.d.a. prevede che il consenso non è necessario quando:
- la persona ritratta sia particolarmente nota, ovvero ricopra una carica pubblica;
- ci sono necessità di giustizia o polizia;
- per scopi scientifici, didattici o culturali;
- in caso di fatti, avvenimenti o cerimonie pubbliche o comunque svolte in pubblico;
La revoca del consenso
C’è un ultimo punto che vale la pena accennare ed è quello della possibilità di revocare il consenso prestato in una liberatoria. Ebbene, la Corte d’appello di Milano nell’anno 2021 ha ritenuto di confermare l’orientamento della Cassazione “la quale ha affermato che il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto all’immagine, personalissimo ed inalienabile, che in quanto tale non può costituire oggetto di scambio, ma soltanto l’esercizio di tale diritto. Tale consenso, quindi, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, è sempre revocabile, perché manifestazione espressa del predetto diritto inalienabile all’immagine, distinto ed autonomo rispetto alla pattuizione che lo contiene”.