L’accertamento della causa di scioglimento della società
Il ruolo dell’amministratore e del Tribunale nell’accertamento della causa di scioglimento
Nel diritto societario, la procedura di liquidazione di una società di capitali inizia con il verificarsi di una delle cause di scioglimento previste all’art. 2484 c.c.
Solo con l’iscrizione della dichiarazione di cui all’art. 2484, terzo comma, c.c., inizia il procedimento di scioglimento e liquidazione della società che conduce alla cancellazione della società dal registro delle imprese.
Invece è al verificarsi della causa di scioglimento che si determina quella che alcuni hanno definito “sostanziale modifica dell’oggetto sociale”, tesa alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale e non più al perseguimento dell’oggetto sociale (art. 2486 c.c.).
La causa di scioglimento della società deve essere accertata dagli amministratori.
Recita l’art. 2485 c.c.: “Gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dal terzo comma dell’articolo 2484. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi”.
Il terzo comma dell’art. 2484 c.c. prevede che gli amministratori devono depositare presso l’ufficio del registro delle imprese una dichiarazione con cui accertano l’intervenuto scioglimento della società.
L’inerzia degli amministratori nell’accertamento della causa di scioglimento.
L’art. 2485 c.c. al secondo comma, regola l’ipotesi in cui gli amministratori restano inerti al loro dovere di accertare l’esistenza di una causa di scioglimento della società, prevedendo: “Quando gli amministratori omettono gli adempimenti di cui al precedente comma, il tribunale, su istanza di singoli soci o amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con decreto che deve essere iscritto a norma del terzo comma dell’articolo 2484”.
Quando si verifica la causa di scioglimento della società.
Non sempre l’accertamento di una causa di scioglimento della società è pacifico.
Tralasciando le ipotesi del decorso del termine previsto nell’atto costitutivo o della delibera assembleare di scioglimento, negli altri casi previsti dall’art. 2484 c.c. il momento specifico del verificarsi della causa di scioglimento non può essere accertato con assoluta oggettività.
Senza voler considerare l’ipotesi di scuola di conseguimento dell’oggetto sociale verificabile solo se l’oggetto sociale è specifico e determinato, pensiamo all’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale che, però, non dovrebbe essere dipesa dalla non soddisfacente situazione finanziaria della società, perché mai irreversibile.
Più calzante, e di certo riscontrabile nelle aule di tribunale, è la causa di scioglimento dovuta all’impossibilità di funzionamento dell’assemblea (art. 2484, primo comma, n. 3, c.c.) che la giurisprudenza tende a considerare causa di scioglimento solo se l’impossibilità assume carattere di assolutezza e irreversibilità.
Anche l’alternativa ipotesi, sempre prevista al n. 3 dell’art. 2484 c.c., di continuata inattività dell’assemblea non può dirsi accertabile con assoluta sicurezza.
Ancora, il momento di riduzione del capitale al disotto del minimo legale è difficile da accertare con precisione, tanto che in tema di responsabilità degli amministratori o dei sindaci, ci si limita spesso a fare riferimento a quel bilancio approvato in cui non avrebbe potuto non evidenziarsi l’ingente perdita.
In queste ipotesi, il rischio per gli amministratori è duplice: incorrere in responsabilità per il ritardato accertamento della causa di scioglimento, ovvero per l’errato accertamento di una non esistente causa di scioglimento.
Il ricorso al Tribunale ai sensi dell’art. 2485 c.c.
Per evitare di correre il predetto rischio, spesso dovuto a conflitti interni tra soci che rivestono anche il ruolo di amministratori e conseguenti azioni ritorsive, l’amministratore interessato potrebbe essere indotto a ricorrere al tribunale, affinché, ai sensi dell’art. 2485 c.c., accerti il verificarsi della causa di scioglimento.
Questa ipotesi è espressamente prevista all’art. 2485 c.c. che consente agli amministratori di rivolgersi al Tribunale nel caso in cui “gli amministratori omettono gli adempimenti”.
Non si tratta certo di una contraddizione, ma occorre verificare caso per caso l’ammissibilità di un simile ricorso.
Evidentemente, l’amministratore unico che si rivolgesse al Tribunale perché accerti il verificarsi della causa di scioglimento, vedrebbe rigettato il proprio ricorso perché è egli stesso già titolare ex lege del potere di dare formalmente atto dell’esistenza di una causa scioglimento, con apposita dichiarazione a norma dell’art. 2484, comma 3, c.c..
Il Tribunale non potrebbe sostituirsi e rimediare all’omissione imputabile alla stessa parte ricorrente.
Diversamente, il consigliere privo di deleghe che si trovi contro gli altri due membri del CdA potrebbe rivolgersi Tribunale per chiedere l’accertamento della causa di scioglimento ai sensi dell’art. 2485 c.c., non prima, però, di aver compiuto quanto in suo potere.
In caso di ammissibilità del ricorso, poi, il decreto emesso dal tribunale che accerti il verificarsi della causa di scioglimento della società dovrà essere iscritto nel registro delle imprese e da tale momento avrà inizio il procedimento di scioglimento e liquidazione della società.
Conclusioni
In ogni caso, l’intervento del Tribunale non dovrebbe essere giustificato quando la causa di scioglimento potrebbe essere accertata in altro modo.
Questa soluzione è coerente con il principio di responsabilità degli amministratori nella gestione della società.
L’indebito scioglimento della società rileverebbe infatti come fonte di responsabilità dell’amministratore allo stesso modo in cui l’indebita prosecuzione dell’attività in presenza di una causa di scioglimento rileva nelle più classiche controversie di risarcimento danni a danno degli amministratori.